È un album ricco, denso, niente affatto superficiale, che richiede ascolti attenti e che dimostra ampiamente l'amore ed il rispetto con cui la band pesarese si approccia alla musica ed al giudizio del pubblico.
Un album dove si è in dubbio se partire o fuggire, si combatte con la propria coscienza e con la propria morale, si è in precario equilibrio tra disperazione e speranza, tra rabbia e perdono, tra vendetta e ricostruzione.
Un album dove, musicalmente, questa serie di duelli irrisolti vengono simboleggiati dal ruolo della chitarra di Michele Diamantini e del piano di Alessio Raffaelli; quest'ultimo è il protagonista indiscusso di diversi pezzi, con il suo suono honky tonk, le sue nenie quasi da carillion, il suo incedere sempre comunque trascinante, a cui si contrappone la chitarra di Michele, che spesso esprime sentimenti di fuga ed esplosioni di rabbia, sempre mitigati e in contrasto con il suono del pianoforte. Sembra, più di una volta, quasi come se i due bravissimi musicisti vogliano “imporre” all'altro il proprio riff, decidendo in che direzione vada il pezzo e da questa dicotomia nasce buona parte delle atmosfere dell'album.
Un disco cupo, teso, canzoni che sembrano sul punto di deflagrare ma si avvolgono su loro stesse. Disco come detto molto pianistico e di conseguenza con alcuni rimandi al Tom Waits fumoso, quello che canta immerso nel tabacco e nell'alcol, capace con tre accordi di spaccarti il cuore.
Ma se Tom Waits porta il fumo dei locali e il gusto amaro in bocca, a questo disco partecipano anche le tensioni oscure e malate di diversi brani di Steve Wynn e il Bruce Springsteen pessimista e disperato di alcune canzoni presenti in Nebraska e Devils and Dust.
Le prime tre canzoni delineano un paesaggio spettrale, un luogo in rovina; la nebbia che avvolge le strade in FOG ON THE HIGHWAY è quella che nasconde la vera realtà delle cose e del mondo che ci circonda; già dal primo pezzo entrano in scena i contrasti di cui parlavo all'inizio: il bene ed il male, l'onestà e la tentazione, la bontà e la cattiveria, gli angeli e jesse james; in un mondo dove tutto è in dubbio, niente è più vero, anche la giustizia diventa mera opinione, mutabile e volatile. Il primo risultato di questa situazione è che la nebbia si trasforma in fango, fango che, misto a merda, ricopre sogni, speranze e ambizioni; incontriamo in MUDDY HOPESdue personaggi chiave, la strega e la fata, una ride, l'altra muore, il male sembra avere la meglio, ma ci ritorneremo sopra.
BEGGAR TOWN, title track e primo singolo, diradata un filo la nebbia, ci racconta dove siamo finiti: è morta la speranza, le illusioni crollano e siamo costretti a rinunciare ai nostri sogni; nulla resta oltre al mendicare, un pasto, un reddito, una dignità, una vita. BEGGAR TOWN è la CITTÀ PIENA DI PERDENTI di cui si parlava circa 40 anni fa in New Jersey, solo che ora non ce ne possiamo andare, né possiamo sperare di vincere. Il Re di questa città è il burattinaio dai mille volti e mille nomi che tutto manovra e tira i fili delle nostre esistenze; un nemico troppo grande da combattere e troppo oscuro da identificare, unica scelta possibile, adorarlo, perchè sulle nostre disgrazie e sulle nostre lacrime è fondato il suo regno. Arrivati a questo punto, sembra improbabile andare avanti, serve una svolta, che le successive 4 canzoni cercano di delineare. La scialuppa di salvataggio in LIFEBOAT è inevitabile; fermate tutto, io scendo, me ne vado, fuggo dalla nebbia, dal fango, dai mendicanti. Arriva, a sostenere il protagonista nelle sue scelte un coro, come nel teatro greco, che afferma con forza la bontà delle sue intenzioni. È il momento, è il TUO momento, ecco cosa dice, con atmosfere da west coast YOUR TIME IS RIGHT NOW: mettiti in cammino, cerca la verità, cercala nel viaggio, cercala dentro te stesso e la troverai, troverai la luce.
Nell'aneddoto di UTRILLO'S WINE si nasconde la minaccia del male, che non vuole darcela vinta; la dipendenza, nemica della creatività che rende cattivi anche chi ha animo buono e buone intenzioni.
Arriviamo quindi a DESTINATION NOWHERE, l'altra faccia del viaggio, visto come fuga, sconfitta, rassegnazione; ci abbiamo provato, sembra dire la canzone, ma non andiamo da nessuna parte; unica speranza, quella, un giorno, di ritornare, di risorgere, anche se ora il sole che pretendevo nel pezzo precedente, sta tramontando su una piazza deserta.
Il climax di questo tormento lo si raggiunge in I AM THE SCAR dove non esiste più speranza, né illusione, né voglia di sistemare le cose; tutto ciò ha lasciato il posto alla rabbia sorda, al furore, alla voglia di vendetta; fucili, tombe e cicatrici, sembra che la BEGGAR TOWN alla fine, porti solo a questo e non a caso, per la prima volta la musica, spesso trattenuta, esplode realmente, in un boato rancoroso e cattivo.
Posta alla fine del disco, I AM THE SCAR getta un'ombra assai inquietante sul mondo visto dai CHEAP WINE e sulle possibilità che si possa uscire da questa situazione.
LA PAURA DEL BUIO NON PREVARRÀ si canta in THE FAIRY HAS YOUR WINGS, perchè le ali che abbiamo ricevuto ci renderanno capaci di volare sopra tutte queste rovine e ricostruire qualcosa di nuovo, come da un lutto, da una perdita, da una tragedia si può rinascere, ripartire, vivere.
Grazie.
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