Esce il nuovo singolo di Gerardo Carmine Gargiulo “Siamo
tutti sulla stessa barca”. Lo storico autore e compositore de "Una gita
sul Po", torna in radio con questo brano dal sapore allegro, ma che
nasconde una riflessione molto importante di fondo. Dopo i fortunati singoli,
"Barcellona sembrava Parigi", "Cosa sarebbe il mondo senza la musica"
e il suo ultimo passaggio tra le fila di Xfactor, GCG torna anche su tutti gli
store digitali con questo brano accompagnato da un video, che vuole anche
essere un omaggio a tutti coloro i quali in questo periodo stanno dando una
grandissima mano al nostro paese, ossia gli infermieri ed i medici di tutta la
penisola.
Riflessioni dell'artista:
Siamo tutti sulla stessa barca e tutto andrà Bene! Omnia Vincit Amor l’Amore vince su tutto!
“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai sopra una Barca al buio”…
Cosa rappresenta la Barca? Anzitutto la Barca della nostra vita, sempre incerta e travagliata: naviga la Barca della mia vita fra il buio e le ombre della notte, e non vedo alcun approdo. Sono in balia del mare profondo. La più piccola tempesta potrebbe affondarmi, sprofondando la mia barca nel vortice delle onde. Non bastiamo a noi stessi, abbiamo bisogno di “smascherare” la nostra autosufficienza, di superare le nostre chiusure, di ritornare piccoli dentro, semplici ed entusiasti, pieni di slancio verso Dio e di amore per il prossimo. Poi c’è la Barca della nostra bella Italia sempre più tra i flutti; «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!» Dante Alighieri scrisse questi versi sette secoli fa nel sesto canto del Purgatorio della Divina Commedia ma a quanto pare non è cambiato molto. L‘invettiva di Dante contro l’Italia dimora di sofferenza, nave alla deriva senza timoniere nel pieno della tempesta, non più dominatrice dei popoli dell'Impero Romano ma luogo di prostituzione ove nessuno faceva rispettare la legge, in balia dei particolarismi e di scontri intestini ove i signori locali approfittavano per trarne ricchezza e potere. L’Italia di allora come oggi trascinata da una corrente su una barca senza guida, senza controllo né pilota? Si lascia navigare verso gli scogli col rischio di un’inevitabile disfacimento e sprofondare verso l’abisso? Nessuno a bordo sa più che fare? “Comandante qui si affonda se tu molli il comando chi mai si salverà? Il timore che di non riuscire ad avere uno standard di vita decente e che i propri figli non riescano a costruirsi una famiglia. La paura del futuro: questo è oggi il virus dell’anima. «Dovunque, l’uomo evita d’essere toccato da ciò che gli è estraneo». La pandemia si è diffusa nel mondo, generando una sindrome del contagio universale, il sistema di interconnessione planetaria dell’umanità ci fa sperimentare una condizione paradossale: l’Apocalisse è a portata di mano! Scattano gli anticorpi, che impazziscono e si trasformano in sistema immunitario nei confronti di tutto ciò che temiamo di non riuscire a controllare. Il virus è ormai da tempo figura dell’immaginario: sin dalle piaghe bibliche fino alla peste dei Promessi Sposi e agli attacchi informatici, i confini dell’anima si restringono con la scoperta della nostra vulnerabilità, dell’insicurezza e dell’ansia, sintomi e simboli di una più generale condizione di paura che ci portiamo dentro. Quali paure? Il primo effetto del contagio da “virus della paura” è l’anima arida, la desolazione. Come se ne esce? La crisi che attraversa l’Italia e l’Europa ha profonde radici “morali e spirituali”, connesse ad uno “stile di vita” imposto attraverso i media negli ultimi anni. Riscoprire la forza della verità e preferirla sempre alla vanità appare una salutare medicina, ispirata alle parole di Gesù e al Suo Vangelo: 'La verità vi fara' liberi' E Poi c’è la Barca del “mondo globalizzato” con tutti i problemi sanitari, di pace, fame e giustizia. Chi la governa? Che ne sarà di lei e dunque di noi? Nessuno è del tutto certo di cosa stia accadendo e in quale direzione il mondo stia andando. E la cosa più confortante è che siamo tutti sulla stessa barca, Sette miliardi e passa di Ulisse, pieni di ansie, in mezzo all’oceano della globalizzazione..e 50 milioni di persone patiscono e muoiono di fame. Una persona su nove non ha di che nutrire se stessa e la sua famiglia. Da una parte ci siamo noi e dall’altra ci sono loro, la fame che uccide molto più delle malattie come Aids, malaria e tubercolosi: in Italia in un anno nel 2019 sono stati buttati dai 10 ai 20 milioni di tonnellate di cibo, che sarebbero serviti per sfamare circa 44 milioni di persone e nei paesi industrializzati 222 milioni di tonnellate di cibo commestibile ogni anno. I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. Una società che spende centinaia di miliardi in armamenti e consente che ogni anno muoiano di fame milioni di bambini è una società malata di egoismo e di indifferenza. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi [Mt 25,40]. Le opere di misericordia, sia corporale che spirituale «sono azioni caritatevoli con le quali soccorriamo il nostro prossimo» Infine c’è la Barca di Pietro, la Chiesa cattolica fondata da Gesù di Nazareth su Simon Pietro, al quale Gesù ha fatto una promessa dopo che Pietro lo aveva riconosciuto. Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» [Mt16,17-19]. La Chiesa è la Barca di Pietro in piena tempesta che procede da due millenni tra i flutti vorticosi della storia e la paura che si rovesci è sempre presente. Scriveva S. Ambrogio “Hai ricevuto il sacerdozio e, stando a poppa della Chiesa, tu guidi la barca sui flutti. Tieni saldo il timone della Fede in modo che le violente tempeste di questo mondo non possano turbare il suo corso. Il mare è davvero grande, sconfinato; ma non aver paura”.
Siamo tutti sulla stessa barca e tutto andrà Bene! Omnia Vincit Amor l’Amore vince su tutto!
“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai sopra una Barca al buio”…
Cosa rappresenta la Barca? Anzitutto la Barca della nostra vita, sempre incerta e travagliata: naviga la Barca della mia vita fra il buio e le ombre della notte, e non vedo alcun approdo. Sono in balia del mare profondo. La più piccola tempesta potrebbe affondarmi, sprofondando la mia barca nel vortice delle onde. Non bastiamo a noi stessi, abbiamo bisogno di “smascherare” la nostra autosufficienza, di superare le nostre chiusure, di ritornare piccoli dentro, semplici ed entusiasti, pieni di slancio verso Dio e di amore per il prossimo. Poi c’è la Barca della nostra bella Italia sempre più tra i flutti; «Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!» Dante Alighieri scrisse questi versi sette secoli fa nel sesto canto del Purgatorio della Divina Commedia ma a quanto pare non è cambiato molto. L‘invettiva di Dante contro l’Italia dimora di sofferenza, nave alla deriva senza timoniere nel pieno della tempesta, non più dominatrice dei popoli dell'Impero Romano ma luogo di prostituzione ove nessuno faceva rispettare la legge, in balia dei particolarismi e di scontri intestini ove i signori locali approfittavano per trarne ricchezza e potere. L’Italia di allora come oggi trascinata da una corrente su una barca senza guida, senza controllo né pilota? Si lascia navigare verso gli scogli col rischio di un’inevitabile disfacimento e sprofondare verso l’abisso? Nessuno a bordo sa più che fare? “Comandante qui si affonda se tu molli il comando chi mai si salverà? Il timore che di non riuscire ad avere uno standard di vita decente e che i propri figli non riescano a costruirsi una famiglia. La paura del futuro: questo è oggi il virus dell’anima. «Dovunque, l’uomo evita d’essere toccato da ciò che gli è estraneo». La pandemia si è diffusa nel mondo, generando una sindrome del contagio universale, il sistema di interconnessione planetaria dell’umanità ci fa sperimentare una condizione paradossale: l’Apocalisse è a portata di mano! Scattano gli anticorpi, che impazziscono e si trasformano in sistema immunitario nei confronti di tutto ciò che temiamo di non riuscire a controllare. Il virus è ormai da tempo figura dell’immaginario: sin dalle piaghe bibliche fino alla peste dei Promessi Sposi e agli attacchi informatici, i confini dell’anima si restringono con la scoperta della nostra vulnerabilità, dell’insicurezza e dell’ansia, sintomi e simboli di una più generale condizione di paura che ci portiamo dentro. Quali paure? Il primo effetto del contagio da “virus della paura” è l’anima arida, la desolazione. Come se ne esce? La crisi che attraversa l’Italia e l’Europa ha profonde radici “morali e spirituali”, connesse ad uno “stile di vita” imposto attraverso i media negli ultimi anni. Riscoprire la forza della verità e preferirla sempre alla vanità appare una salutare medicina, ispirata alle parole di Gesù e al Suo Vangelo: 'La verità vi fara' liberi' E Poi c’è la Barca del “mondo globalizzato” con tutti i problemi sanitari, di pace, fame e giustizia. Chi la governa? Che ne sarà di lei e dunque di noi? Nessuno è del tutto certo di cosa stia accadendo e in quale direzione il mondo stia andando. E la cosa più confortante è che siamo tutti sulla stessa barca, Sette miliardi e passa di Ulisse, pieni di ansie, in mezzo all’oceano della globalizzazione..e 50 milioni di persone patiscono e muoiono di fame. Una persona su nove non ha di che nutrire se stessa e la sua famiglia. Da una parte ci siamo noi e dall’altra ci sono loro, la fame che uccide molto più delle malattie come Aids, malaria e tubercolosi: in Italia in un anno nel 2019 sono stati buttati dai 10 ai 20 milioni di tonnellate di cibo, che sarebbero serviti per sfamare circa 44 milioni di persone e nei paesi industrializzati 222 milioni di tonnellate di cibo commestibile ogni anno. I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. Una società che spende centinaia di miliardi in armamenti e consente che ogni anno muoiano di fame milioni di bambini è una società malata di egoismo e di indifferenza. La predicazione di Gesù ci presenta queste opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati, vestire gli ignudi [Mt 25,40]. Le opere di misericordia, sia corporale che spirituale «sono azioni caritatevoli con le quali soccorriamo il nostro prossimo» Infine c’è la Barca di Pietro, la Chiesa cattolica fondata da Gesù di Nazareth su Simon Pietro, al quale Gesù ha fatto una promessa dopo che Pietro lo aveva riconosciuto. Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» [Mt16,17-19]. La Chiesa è la Barca di Pietro in piena tempesta che procede da due millenni tra i flutti vorticosi della storia e la paura che si rovesci è sempre presente. Scriveva S. Ambrogio “Hai ricevuto il sacerdozio e, stando a poppa della Chiesa, tu guidi la barca sui flutti. Tieni saldo il timone della Fede in modo che le violente tempeste di questo mondo non possano turbare il suo corso. Il mare è davvero grande, sconfinato; ma non aver paura”.
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