“Il tempo perduto” è il titolo del quinto album
di Maurizio
Pirovano, cantautore dalla vena Pop/Rock in attività dal 2005.
L’evoluzione
di questo nuovo disco è evidente sin dalle prime battute con sonorità moderne,
d’oltreoceano, ma non solo; ballate fruibili, ma mai banali; esperimenti ben
riusciti, quali “Il vento che consuma” col suo ritmo flamencato, o le
sonorità dance ed incalzanti di “Caramelle”. Il
tutto sempre arricchito da testi profondi, che parlano di vita e che restano il
punto di maggior forza dello storico cantautore brianzolo.
Pezzi come “Lasciati andare”, “Stato di allucinazione apparente” e la stessa title track sono l’emblema di un album che fotografa con disincanto questo preciso periodo storico, fatto d’individualismo ed egocentrismo, di “autoscatti, selfie ed instagram”, ma soprattutto di solitudini mascherate da “rapporti umani”, che diventano sempre più solo “connessioni” e quindi sempre meno reali. Un messaggio chiaro e forte: non si può rimpiangere il tempo perduto e non si può guardare la vita da uno schermo, perché il tempo di una vita è la sola cosa di cui siamo veramente padroni.
Pezzi come “Lasciati andare”, “Stato di allucinazione apparente” e la stessa title track sono l’emblema di un album che fotografa con disincanto questo preciso periodo storico, fatto d’individualismo ed egocentrismo, di “autoscatti, selfie ed instagram”, ma soprattutto di solitudini mascherate da “rapporti umani”, che diventano sempre più solo “connessioni” e quindi sempre meno reali. Un messaggio chiaro e forte: non si può rimpiangere il tempo perduto e non si può guardare la vita da uno schermo, perché il tempo di una vita è la sola cosa di cui siamo veramente padroni.
“Lasciati
andare” è il
singolo di lancio de “Il tempo perduto”, una canzone solare e di speranza che,
partendo con una sezione ritmica accattivante, prende l’ascoltatore per mano
portandolo lungo “mattine sempre uguali”, fatte di routine, ma anche di domande esistenziali, sottolineando
quanto sia importante la prospettiva da cui si guarda la vita. “Dopo tutte le
mattine che hai passato in tangenziale ti sei accorto che l’inferno è una vita
tutta uguale” è la frase che fa riflettere maggiormente su quanto la
quotidianità uccida amori, sogni e speranze di ognuno di noi.
L’intervento
di Alex
Marton,non solo in fase di registrazione, ma anche in fase di post
produzione, ha conferito ancor più forza ad un album che si fa ascoltare e che
fa riflettere in egual misura, dimostrando che la musica d’autore italiana
conserva ancora la capacità di raccontare la complessità della vita senza dover
cadere necessariamente nella cripticità.
Note
Biografiche
Maurizio Pirovano nasce a Lecco il 12/10/1974,
l’avvicinamento alla musica arriva studiando la chitarra, da prima in modo
autodidatta e poi con l’ausilio di maestri. Le sue influenze spaziano dal
panorama cantautorale degli anni Settanta al rock d’oltreoceano; in particolar
modo la lirica di Battisti, Bertoli, De André e De Gregori segnano l’amore di
Pirovano per la parola. Dal punto di vista puramente Rock è innegabile
l’influenza di gruppi come U2, Soundgarden, Pearl Jam e KinGs of Leon.
“IL TEMPO
STRINGE” (Latlantide - gennaio 2009) è l’album d’esordio di Maurizio
Pirovano; si tratta innanzitutto di un album rock nel senso più puro ed ingenuo
del termine; la parola la fa da padrone con pezzi come “Strade diverse” e
“Lungo una sporca strada” che rimangono fra i cavalli di battaglia del
cantautore.
“NON
DISTURBIAMO LA TELEVISIONE” (Latlantide – settembre 2011)
è il secondo album: undici tracce che alternano sapientemente pezzi sostenuti
come “I Conti”, “Figlio di un centro commerciale” a ballate avvolgenti come
“C’hai ragione te”(con cui Pirovano partecipa al Festival di San Vincent del
2010, ottenendo il secondo posto) , fino ad arrivare alla straziante “Quando
ero bambino”, forse il pezzo più bello di sempre del cantautore.
“UN GIORNO
QUALUNQUE” (Latlantide – aprile 2013) è il titolo del terzo lavoro di
Maurizio Pirovano, dai più definito come l’album della maturazione artistica.
Ricco di nuove ballate rock e brani impegnati, “Dove mi porti”, “Domani parto”,
ma soprattutto “La ragione di un sogno” sono i pezzi salienti di un album ben
riuscito.
"LA PELLE
RACCONTA" (Latlantide – maggio 2015). La pelle è l’organo a cui
meno diamo importanza, ma è il tramite tra noi e il mondo, parte da questo
concetto la title track che dà il nome al quarto album in
studio di Maurizio Pirovano, un album Rock che miscela sonorità d’oltre oceano
con l’amore per la propria realtà, raccontando i problemi della vita e il
coraggio di affrontarli senza scorciatoie di alcun genere. L’album conferma il
cambiamento di sonorità. Il singolo La pelle racconta riscuote un buon successo, rimanendo
per più di tre settimane nella Top 50 della classifica di Radio Airplay. A
febbraio 2017 Pirovano vince il “Vinile d’Argento, premio Jimmy Fontana”
reinterpretando “Il Mondo” dello stesso Fontana; a presenziare la giuria il
Maestro Vince Tempera, più volte direttore d’orchestra del Festival della
Canzone Italiana.
“IL
TEMPO PERDUTO” (Latlantide – maggio 2017) è il quinto album di Pirovano.
L’evoluzione di questo nuovo disco è evidente sin dalle prime battute con
sonorità moderne, d’oltreoceano ma non solo, ballate fruibili ma mai banali ed
esperimenti ben riusciti, quali “Il vento che consuma” col suo ritmo flamencato o le sonorità
dance ed incalzanti di “Caramelle”. Il
tutto sempre arricchito da testi profondi, che parlano di vita e che restano il
punto di maggior forza dello storico cantautore brianzolo. Pezzi come “Lasciati
andare”, “Stato di allucinazione
apparente” e la
stessa title track sono l’emblema di un album che
fotografa con disincanto questo preciso periodo storico, fatto d’individualismo
ed egocentrismo, di “autoscatti, selfie ed instagram”, ma soprattutto di
solitudini mascherate da “rapporti umani”, che diventano sempre più solo
“connessioni” e quindi sempre meno reali. Un messaggio chiaro e forte: non si
può rimpiangere il tempo perduto e non si può guardare la vita da uno schermo,
perché il tempo di una vita è la sola cosa di cui siamo veramente padroni.
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