Un
viaggio tra Django Reinhardt, l’indie rock e le “Lezioni
americane” di Italo Calvino che assicura all’ascoltatore
un’esperienza acustica avvolgente, e ricca di ospiti come Zibba,
Dario Canossi dei Luf e l’attore Mauro Pirovano.
Dopo
la lunga militanza con Zibba e Almalibre e le avventure folk con i
Luf, i Liguriani e i Birkin tree, il violinista cantante torna in
studio da solo per una nuova raccolta di canzoni originali. Nelle
dodici tracce lo
swing gitano, il valzer, il canto narrativo ed il rock
si incrociano per raccontare storie la cui gravità insegue il
segreto della leggerezza: eroi, innamorati, assassini, mendicanti; i
disillusi e gli inarrestabili.
“Italo
Calvino sottolinea che dal sangue della Medusa, che trasformava
chiunque la osservasse in pietra, era nato il cavallo alato Pegaso.
La pesantezza può essere rovesciata nel suo contrario”
racconta
Fabio
a proposito dello spirito del nuovo album. “Così
nello stesso disco convivono protagonisti della Resistenza e maniaci
di provincia, chi si lascia andare allo sconforto e chi non smette
mai di credere che domani sarà migliore. Tutti fanno parte
dell'amara
commedia
della vita che solo una leggerezza pensosa può alleviare”.
Nel
disco, registrato da Rossano Villa presso l'Hilary studio di Sori e
masterizzato da Marco Canepa, Fabio Biale è accompagnato da Riccardo
Barbera (contrabbasso), Saverio Malaspina (batteria), Fabio Vernizzi
(pianoforte), Stefano Ronchi (chitarre), Luca Falomi (chitarre),
Marco Vescovi (chitarra manouche), Stefano Cabrera (violoncello),
Giorgia Mammi (clarinetto).
Il
disco è impreziosito dalla presenza di alcuni ospiti tra i quali
Zibba,
Dario Canossi dei Luf e l’attore Mauro Pirovano.
TRACK
BY TRACK
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Il bolo isterico – “Il
bolo isterico è una fastidiosa sensazione di groppo in gola, come un
dito che prema la base del collo, una cravatta troppo stretta. La
medicina riconosce questo disturbo fin dall’antichità ma non si
può dire che ne sia venuta a capo. Una canzone che vuole essere un
urlo (strozzato) liberatorio, una richiesta di consulto medico
(gratuito, dopo tanto pagare a vuoto), un pretesto per mandare a quel
paese tutto quello che rimane in gola e teniamo dentro fino a farci
del male. La musica è uno swing alla Django Reinhardt”.
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Canzoni da more – “Sto
andando a Genova. Una bella coda di macchine, fermo sul viadotto del
Polcevera. Vedo la città e mi sale una melodia alla Gino Paoli che
devo immediatamente registrare col telefono. Senti che come artista
però devi dire no alle canzoni d’amore, basta romanticherie. Sono
tutte smancerie, cerchiamo di essere concreti: amare rende le cose
amare. Però alla fine ti ritrovi con un’ode all’amore coi
fiocchi. Un bastian contrario. Ma la risposta è che non si scrivono
canzoni d’amore e io ne scriverò”.
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Crapa pelata – “Avevo
un minimarket. E una fidanzata a Pisa che aveva l’influenza e il
mal di testa. Tra un etto di prosciutto e mezzo chilo di mandarini,
le scrivo una filastrocca magica per farle andar via i malanni. Crapa
pelata sono io, ma è anche quel personaggio di una canzone swing
degli anni Trenta. Così il damerino del Varietà diventa un
bottegaio di oggi ma lo swing resta. Torna il ritmo sincopato, le
chitarre, i suoni d’artificio per eseguire l’inno all’evasione
dalla routine”.
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La caffetteria Bandiani – “La
caffetteria era il luogo dove ogni mattina consultavamo gli oroscopi
per saper cosa il destino ci stesse preparando. Dove ci innamoravamo
di tutte le ragazze che entravano. Dove la barista, a cui per far
colpo avevamo fatto credere che stavamo scrivendo la Guida
dei cappuccini liguri, era
un sogno irraggiungibile. Bandiani, invece, è il soprannome di un
fonico di Genova. Non è una caffetteria ma ha registrato la prima
bozza di questo brano e si è meritato la dedica, pur senza
recensione su TripAdvisor”.
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Albergo Zot – “Una
storia di miseria, di ignoranza, di follia quotidiana. Di tristezza
senza senso, così comune e così invisibile prima di traboccare
nella cronaca nera. La musica fa il paio: schizofrenia, cacofonia;
melodie di cortesia, da ascensore, da attesa telefonica. Due voci che
rintronano nella testa. Zibba che fa l’anima nera. Il violino che
come un tarlo penetra nella mente e scava la sua via disordinata”.
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Da una finestra aperta – “Piove
e qualcuno sta suonando da qualche parte. Forse lassù al terzo
piano, dove c’è la finestra aperta. Piove ma è estate e fa caldo.
Ti ripari in un portone e registri tutto”.
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Gesti – “Capita
che fai un viaggio in treno e hai davanti due ragazze, due amiche che
parlano tra loro. Io, con le cuffie nelle orecchie, non potevo
cogliere i loro discorsi ma consideravo attentamente la loro mimica.
Avevo
cinquanta
secondi di musica abbozzata su un registratore portatile e sentii
subito che erano quelli giusti. Quelle note e quel viaggio, un po'
ermetici, rieccoli qui”.
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Marzo – “Marzo
all’anagrafe faceva Giovanni Battista Canepa. Raccontare che fu un
partigiano sarebbe un torto alle mille azioni che fece per la
libertà, in Italia e all’estero. Scrisse l’inno della sua
brigata partigiana, l’unico in dialetto ligure fra quelli che ci
sono stati tramandati: Sutta a chi tucca. Questa canzone è un
omaggio all’uomo e a quel brano, e una riflessione sul valore della
nostra Resistenza”.
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Sì però non eri qui – “La
moglie è rimasta in Sardegna ed io, invece che darmi alla pazza
gioia nella notte prima di partire per un giro di concerti in
Germania, resto sveglio insonne a casa a sentirne la mancanza. Così
nella notte imparo a suonare l’ukulele di mio figlio di un anno e
al mattino scrivo questi pochi versi e glieli dedico”.
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Con la mano tesa – “Se
un mendicante si innamorasse di te, te ne accorgeresti? Una canzone
sugli invisibili che hanno vite, storie ed emozioni, ma brutalmente
nascoste sotto un marchio sociale che ci impedisce di vederle.
Neanche due minuti di musica per simboleggiare la nostra attenzione
fuggevole; si passa e si va”.
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Tutto sommato – “Per
due mesi finisco ad insegnare al liceo in cui ho studiato. Ad ogni
modo, termina il mandato e durante l’ultima lezione una ragazza mi
fa: “Prof, le posso dire una cosa?” “Certo” le rispondo. “Sa
che usa sempre l’espressione Tutto
sommato?
Da quando ho cominciato a segnarlo” e guarda nel quadernetto che ha
davanti “lo ha detto 329 volte!”
Ci
ho scritto una canzone sul coraggio di essere ciò che vogliamo, sul
diritto a spendere il nostro tempo come piace a noi. Che, tutto
sommato, con la storia che ho raccontato non c’entra nulla”.
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Viene la musica – “Un
flusso di coscienza. Un ordinario racconto di dubbio, turbamento e
depressione. Poi viene la musica e tutto passa. Dedicata a tutti noi
che la musica ci salva sempre. Un brano ostinato e introverso che si
sfoga in un ritornello luminoso, aperto, a maglie larghe. Il violino
insegue un fraseggiare alla Lucio Dalla: una smisurata compostezza in
una scomposta misura”.
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Rock’n’roll – “Dodici
anni, seconda media, tre amici del cuore. Le idee chiarissime sul
futuro da musicista”.
BIO
Fabio
Biale, violinista, cantante e polistrumentista,
dopo gli studi violinistici classici, si dedica alla musica
tradizionale del mondo e alla musica d'autore, suonando con svariati
artisti fra cui Lou
Dalfin, Giorgio Conte, Flavio Oreglio, The Gang, Paolo Bonfanti,
Giua.
Dal
2004 fa parte ufficialmente del gruppo i
Luf,
uscendone per la parte live nel 2011, pur collaborando ancora e
comparendo come autore nell'album Mat
e Famat del 2013.
Dal
2005 al 2013 è il
violinista polistrumentista di Zibba e Almalibre con
i quali pubblica tre album. Con loro vince, tra l'altro, il
Premio Bindi 2011
con “Anche
di lunedì”
(di cui è coautore) e il premio
Targa Tenco 2012 nella
categoria "Album
dell'anno”
con
Come il suono dei passi sulla neve.
Dal 2013 è uno dei musicisti della band di musica
irlandese Birkin tree. Insieme
a Fabio Rinaudo, Michel Balatti e Filippo Gambetta fonda nel 2005 il
gruppo
di musica tradizionale ligure Liguriani.
Con i Liguriani pubblica “Suoni
dai Mondi Liguri” e “Stundai”
presentati entrambi a La
Stanza della Musica su RadioTre.
Con i Liguriani partecipa a festival di grande rilevanza
internazionale tra cui MITO
2010 e 2012 in
Italia, l'International
Folk Festival of Tolo d'Asturies
2009 in Spagna, Celtic
connection 2011
in Scozia, Bardentreffen
Festival 2015,
TFF
Rudolstadt 2013
e Rheingau
Musik Festival
2012 e 2013 in Germania. Dal 2008 collabora, sia con i Liguriani, sia
autonomamente, con l'attore Mauro
Pirovano.
Nel
2012 pubblica il suo primo
album solista La sostenibile essenza della leggera.
Dal
2014 collabora come violinista e percussionista con Vittorio
Ghielmi e Dorothee Oberlinger, Ensemble 1700 e Il Suonar Parlante,
con i quali registra l'album "The
passion of musick" per Sony / Deutsch Harmonia Mundi,
vincendo il premio
Echo Klassik 2015. Attualmente
è in uscita con il secondo album solista che si intitola "La
gravità senza peso".
Contatti
e social
Sito
www.fabiobiale.com
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