- Nasci prima come
pianista o come cantautore?
Molti
scrivono musica perché prima hanno imparato a suonare. Io invece ho
imparato a suonare perché ho sempre voluto scrivere musica. In casa
mia da prima della mia nascita c’è un pianoforte a mezza coda che
appartiene a mio padre e ho iniziato così ma non ho mai studiato con
un maestro di musica. Intorno ai 14 anni, abbagliato dalle nuove
uscite discografiche di quel periodo (“Up” di Peter Gabriel e
“Des Visages, des figures” dei Noir Desir su tutte) decisi che
avrei imparato a suonare più seriamente al fine di scrivere musica.
E con la mia vecchia band, Airglow, è successo qualcosa di simile:
di solito s’inizia a suonare insieme cover per poi iniziare a fare
musica propria, noi, a 16 anni, iniziammo subito con musica
inedita.
- Il tuo disco d'esordio “Tourist in my Hometown”, uscito sul finire del 2014, è scritto interamente in inglese. Hai mai pensato di scrivere i testi delle tue canzoni in italiano?
- Il tuo disco d'esordio “Tourist in my Hometown”, uscito sul finire del 2014, è scritto interamente in inglese. Hai mai pensato di scrivere i testi delle tue canzoni in italiano?
Bella
domanda. Ho scritto le prime due canzoni intorno ai 15 anni ed erano
in italiano. Poi, mentre lavoravamo ad una traccia, Claudio Ciaccioli
(insieme a membro fondatore degli Airglow ed eccellente
polistrumentista che ha suonato nel mio disco) mi disse “proviamo a
scrivere il testo in inglese”. E incominciammo così. Le ragioni
per cui scrivo in inglese sono diverse: la prima è che, nonostante
l’italiano sia una lingua sicuramente più ricca, l’inglese è
decisamente congeniale al mio modo di esprimersi, grammatica più
semplice, suoni più ‘diretti’ e tante frasi idiomatiche e figure
retoriche che in italiano non esistono. L’inglese mi permette
inoltre di arrivare ed essere compreso da un pubblico più vasto che
comprende quello anglofono ma anche tutto quella fetta di pubblico
non anglofona ma che sicuramente padroneggia la conoscenza della
lingua (penso ai Paesi di Centro e Nord Europa). Infine, scrivere in
italiano mi fa sentire più “nudo” invece l’inglese mi da quel
senso di “protezione”grazie al quale riesco ad essere sicuramente
più sincero.
Ma in
realtà sono un appassionato della conoscenza delle lingue straniere:
parlo fluentemente inglese, francese e ho una conoscenza scolastica
del turco. In futuro mi piacerebbe provare a sperimentare
sperimentare il cantato in altre lingue come il turco, alcune lingue
africane come il kirundi, swahili, lingala, cosa che mi è capitato
di fare dal vivo suonando in alcuni festival interculturali sul
territorio di Parma.
- Com'è stata
l'esperienza dell'autoproduzione?
Fantastica.
Hai il controllo totale sul tuo lavoro e suoni senza nessuna
pressione esterna. Non ho avuto vincoli artistici di alcun tipo. Il
fatto è che in fase promozionale però sei solo con te stesso e a
volte non è sufficiente, è innegabile che con una casa discografica
dietro sarebbe tutto più facile.
- Tu sei molto giovane
(Taranto classe 1988), speri di fare il musicista “da grande”?
Ma
io faccio il musicista. Solo che non è la mia fonte di reddito.
Conseguirò la laurea in Farmacia quest’anno e di qui la mia futura
occupazione. Purtroppo la musica è un terno al lotto e pur sapendo
che non smetterò mai di suonare e fare altri dischi non me la sono
mai sentita di rischiare tutto puntando solo sulle mie canzoni. Non
perché non ci creda, è nel mondo della musica che non credo. Per
cui, per ora va bene così, se poi il mio successo dovesse portarmi
altrove, tanto meglio. Vedremo…
- Come mai hai sentito
la necessità di fare un disco?
Non è il mio primo lavoro in realtà. Nel 2009 avevo fatto un EP intitolato “Blu Magnetico” con la mia vecchia band di cui vi dicevo, gli Airglow. Brani tutti scritti da me e Claudio Ciaccioli. Nel 2012 insieme a Claudio e a Riccardo Rinaldi (anche lui degli Airglow) abbiamo scritto la colonna sonora di “Ciò che Resta”, progetto letterario multimediale di Aldo Calò Gabrieli. Ma fare un disco “solista” per me era più che necessario. Innanzitutto perché, dopo aver fatto l’esperienza in una band, mi sono reso conto di quanto le ‘dinamiche democratiche’ di un gruppo spesso possono essere limitanti. E poi dopo lo scioglimento del gruppo avevo bisogno di un progetto tutto mio che avrei potuto gestire come meglio credevo e sui cui avere il 100% delle decisioni. Però ci suonano comunque i miei vecchi amici Claudio Ciaccioli e Livio Bartolo ed è stato missato da Francesco La Sorsa, amico d’infanzia, per cui è come se ci fosse comunque una sorta di continuità tra passato e futuro. Ma soprattutto c’è la voglia di mandare un messaggio attraverso la mia musica che non è un insegnamento o un messaggio politico e sociale, ma è più un condividere delle idee e delle ispirazioni con chi ascolta il disco che possono indurlo a fare le mie stesse riflessioni.
Non è il mio primo lavoro in realtà. Nel 2009 avevo fatto un EP intitolato “Blu Magnetico” con la mia vecchia band di cui vi dicevo, gli Airglow. Brani tutti scritti da me e Claudio Ciaccioli. Nel 2012 insieme a Claudio e a Riccardo Rinaldi (anche lui degli Airglow) abbiamo scritto la colonna sonora di “Ciò che Resta”, progetto letterario multimediale di Aldo Calò Gabrieli. Ma fare un disco “solista” per me era più che necessario. Innanzitutto perché, dopo aver fatto l’esperienza in una band, mi sono reso conto di quanto le ‘dinamiche democratiche’ di un gruppo spesso possono essere limitanti. E poi dopo lo scioglimento del gruppo avevo bisogno di un progetto tutto mio che avrei potuto gestire come meglio credevo e sui cui avere il 100% delle decisioni. Però ci suonano comunque i miei vecchi amici Claudio Ciaccioli e Livio Bartolo ed è stato missato da Francesco La Sorsa, amico d’infanzia, per cui è come se ci fosse comunque una sorta di continuità tra passato e futuro. Ma soprattutto c’è la voglia di mandare un messaggio attraverso la mia musica che non è un insegnamento o un messaggio politico e sociale, ma è più un condividere delle idee e delle ispirazioni con chi ascolta il disco che possono indurlo a fare le mie stesse riflessioni.
- A chi pensi possa interessare la tua musica?
La mia musica e i miei intenti sono davvero senza frontiere. Credo che la mia musica sia accessibile a chiunque, di qualsiasi età, preferenza musicale e collocazione geografica.
- E tu invece che musica ascolti?
Il
mio eroe da quando sono piccoli è Peter Gabriel, musicalmente
parlando è come un padre per me sia con i Genesis ma soprattutto
come artista solista. Mi piacciono molto Esperanza Spalding, Bon
Iver, Franco Battiato e i Kings of Convenience. Spazio molto, mi
piace tutto ciò che abbia un’anima e una testa. Ho citato giusto i
miei preferiti, poi, com’è giusto che sia, vado molto a periodi.
In questi giorni sto sentendo i Foster the People, Sinead O’Connor
e i Band of Horses. Nella scena italiana mi piacciono molto i
Suntiago e Le Luci della Centrale Elettrica.
- A chi ti sei ispirato per la realizzazione del disco?
- A chi ti sei ispirato per la realizzazione del disco?
Intendi
artisticamente? Credo che naturalmente sia un condensato di tutta la
mia musica preferita, le influenze sono inevitabili. Ma cerco sempre
di prendere il meglio di questa “eredità”e sviluppare idee
nuove, non mi piace imitare e basta, sarebbe fine a sé stesso.
Quello che m’interessa invece è andare sempre “oltre” quello
che esiste già. Magari non sempre ci si riesce, ma bisogna
provare.
- Stai già lavorando al nuovo album o andrai in giro a suonare dal vivo il primo disco?
- Stai già lavorando al nuovo album o andrai in giro a suonare dal vivo il primo disco?
Per
il prossimo album c’è tempo, ci sono altri progetti a cui voglio
dedicarmi nel frattempo, tra cui la mia laurea e portare avanti le
attività della mia associazione “paolozayd”, che promuove il
dialogo inter-religioso. Ma comunque ci sono già delle nuove
canzoni… io scrivo sempre, per cui tengo sempre da parte le mie
nuove bozze.
Grazie mille ad Andrea Casale!
Grazie mille ad Andrea Casale!
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